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Chi comanda veramente in Microsoft
Bill Gates ha rinnovato il suo top management, quello che dovrà guidare Microsoft in un periodo turbolento, durante il quale, secondo Gates, succederanno più cose che nei primi 25 anni di vita dell'azienda. Vediamo chi sono i dieci uomini d'oro di
Redmond.
di Salvatore
Romagnolo
Il 5 settembre scorso Bill Gates, nel corso di una riunione tenutasi a Redmond, sede della Microsoft, ha tracciato la rotta che l'azienda dovrà tenere nei prossimi dieci anni che, secondo lui, saranno più cruciali dei venticinque appena trascorsi.
Ad ascoltarlo c'erano gli uomini di maggior peso nella software house più nota del pianeta. E quando diciamo uomini, utilizziamo il termine in senso stretto, perché nessuna donna figura in questo manipolo di super dirigenti.
L'entourage di Bill, dal 1975, data di fondazione di quella che allora si chiamava Micro-soft, è cambiato molto. All'inizio era composto solo dall'amico Paul Allen, uscito presto di scena per una grave malattia. Paul è poi guarito, ma non ne ha voluto più sapere dei ritmi stressanti imposti dal mondo degli affari. Nello stesso periodo Don Estridge, il papà del Pc Ibm, moriva in un incidente aereo. Big Blue non si sarebbe ripresa rapidamente da quella perdita. Microsoft, invece, l'ha fatto rapidamente e il merito è stato certamente di Bill Gates. Oggi, di fianco a lui, c'è un gruppo molto determinato, che ha il compito di mantenere unito l'impero allargandolo ulteriormente.
Vediamo chi sono i dieci uomini che - per dirla con le parole del leader - dovranno guidare la Microsoft lungo "la strada che porta al domani".
Bill Gates: il capo
Poco amato dai media e detestato da una gran massa di utenti, è anche molto popolare e non sono pochi i suoi fan. Rispetto all'immagine del Nerd imbranato e geniale dei primi anni, la sua immagine è cambiata molto. Sorridente, disteso, elegante: apparentemente sembra più sereno che in passato. Una saggezza sembra avere diverse origini. L'uomo è più maturo con i suoi 46 anni, una moglie, due figli e una vita familiare. Ha passato una parte delle consegne più gravose al suo amico Steve Ballmer, che è l'attuale Ceo (amministratore delegato) di Microsoft. Per se stesso ha creato la nuova carica di "Chairman and chief software architect".
"Nei prossimi dieci anni - ha affermato Gates nella convention del 5 settembre scorso - succederanno più cose che nei precedenti 25. Per passare alla nuova fase ci serviranno anche psicologi, sociologi e matematici. In poche parole, professioni che fino ad oggi non si erano mai viste in Microsoft". Secondo Bill Gates nei prossimi anni cambierà in modo radicale il modo stesso di fare gli affari. Arrivato alla soglia della mezza età, il fondatore di Microsoft si è allontanato dalla mera gestione del quotidiano e si dedica alla visione strategica del futuro. E con un cane da guardia come Ballmer fuori dalla porta di casa e un conto in banca praticamente inesauribile, può stare tranquillo.
Steve Ballmer: il mastino
Grande amico del capo - si conoscono dall'epoca dell'università - dal febbraio 2000 è il nuovo Ceo di Microsoft. Più arcigno di Gates, è ritenuto un duro. Grida talmente forte il suo amore per l'azienda che un giorno dovranno operarlo alle corde vocali. La tecnologia non gli interessa molto, lui è il grande venditore, quello che tiene in mano il mercato. Anzi, che lo stringe in una morsa soffocante, quasi letale. A volerlo a Redmond è stato Gates in persona, che è andato a cercarlo dopo che si erano persi di vista una volta abbandonata Harvard. All'epoca Gates studiava poco e giocava molto a Poker, vincendo. Ballmer pensava più alle donne che ai computer. Forse i loro compagni di college di allora devono essere rimasti un po' stupiti vedendoli nell'elenco degli uomini più ricchi del mondo alcuni anni dopo.
Ballmer è un autentico mastino. Non è un diplomatico, non ha mezzi termini, se vi attacca è per uccidervi. Per lui Linux è semplicemente "un cancro"; le quotazioni in Borsa delle aziende Internet nel momento più felice del Nasdaq, "assurde: una dichiarazione che fece perdere il 4% in un giorno solo, cioè un miliardo di dollari di capitalizzazione, alla Microsoft. Ma Boom Boom, com'è soprannominato, non ama le sottigliezze del linguaggio. È un animale da combattimento poco incline al dubbio. Nonostante le vicissitudini giudiziarie che la società ha dovuto affrontare, sotto la sua guida le truppe non si sono fatte né distrarre, né intimidire e hanno portato a termine tre progetti, Windows XP, Xbox e la piattaforma .Net che, da soli, sono in grado di assicurare il futuro dell'azienda.
Anders Hejlsberg: il guru dei linguaggi
Il danese Anders Hejlsberg, che nella società di Redmond ricopre la carica molto ambita di "distinguished engineer", è un inventore nato, oltre che un appassionato di linguaggi di programmazione e di strumenti di sviluppo. È stato, alla Borland, uno dei padri di Delphi e di Turbo Pascal. "Borland - sottolinea - è stata creata in Danimarca, poca gente lo sa. E io c'ero. In seguito ho raggiunto Philip Kahn, all'epoca proprietario della società, negli Stati Uniti e nel 1996, cedendo alle insistenti offerte di Brad Silverberg, sono entrato in Microsoft. Tra le altre cose ho lavorato alla concezione di C# (leggere C sharp), uno dei linguaggi di programmazione della piattaforma .Net.
A 40 anni, Anders Hejlsberg dà l'impressione di non vedere limiti allo sviluppo del software, ma se gli si chiede quale sia la sua visione del futuro, il pragmatismo che permea la società emerge con veemenza. "Per il momento - dice - che lo si voglia o no, la macchina di riferimento è il Pc. Siamo d'accordo a dire che si tratta di una macchina stupida, della quale ci libereremmo volentieri, ma funziona. E questo è quello che vuole la gente: lavorare con prodotti che funzionano". E questa, in fondo, è proprio la ricetta vincente di Microsoft. Semplice no?
Bill Neukom: il difensore
Il capo degli avvocati di Microsoft è un uomo chiave del top management della società: mai dimenticare che anche il papà di Gates di mestiere faceva l'avvocato, che fu proprio lui a presentare al figlio Bill Neukom e che la fortuna di Microsoft è legata ad una clausola contrattuale tragicamente sottovalutata da Ibm all'atto della fornitura del DOS. Sessant'anni appena compiuti, Neukom ha raggiunto la società nel 1985, quando l'azienda era ancora quella che noi definiremmo una "piccola media impresa". Ora è a capo di uno staff composto da 90 avvocati e in sedici anni ha condotto tutte le battaglie legali di Microsoft. La sua fortuna personale è cresciuta parallelamente a quella dell'azienda e la rivista Forbes lo ha classificato tra i 400 uomini più ricchi d'America. La sua tattica nell'interminabile processo antitrust avviato contro la società è stata quella di adottare una linea difensiva a geometria variabile, che aggiustava continuamente, anche durante i pranzi al ristorante Mark, dove andava a mangiare nelle pause del processo.
Jean-Francois Heitz: il cassiere francese
Affabile e cortese, il "deputy chief financial officer" di Microsoft, 51 anni, fa parte della società dal 1989. Nonostante ricopra un ruolo chiave, si sente ancora sotto osservazione. "Anche se Microsoft è un'azienda internazionale - spiega - rimane una società tipicamente americana. Seattle, in fondo, è una grossa città di provincia, caratterizzata da una classe dirigente molto chiusa". La sua responsabilità è quella di controllare l'andamento dei 20 miliardi di dollari che Microsoft ha investito in altre società. In genere si tratta di partecipazioni minoritarie che non vanno oltre il 20% del capitale. Nonostante la formazione europea, Heitz ha un cuore che batte per Microsoft senza alcun indugio e descrive le sconfitte dei concorrenti con un'ottica che non lascia dubbi a interpretazioni: "I dirigenti di Netscape non hanno fatto altro che commettere errori. Hanno assunto migliaia di persone senza averne i mezzi. Lotus ha sbagliato non facendo migrare il proprio foglio elettronico, nel momento in cui era leader di mercato, sotto Windows. Apple, dal canto suo, non ha mai voluto cedere la licenza del suo sistema operativo quando ne aveva la possibilità". Morale: chi è causa del suo male pianga se stesso.
Barry Goffe: il profeta del .Net
È il ".Net group manager": sportivo, informale e piuttosto simpatico, questo ragazzone di 34 anni è il prototipo dell'uomo Microsoft, pronto a tutto per assicurare alla piattaforma .Net, il successo universale. È arrivato a Redmond nel 1995 dopo aver compiuto degli studi in matematica e filosofia. Oggi il suo compito è quello di rendere .Net la piattaforma standard per connettere tra loro, senza fili, gli oggetti elettronici e informatici di oggi e di domani. "All'inizio - spiega - .Net era un progetto molto piccolo, ma ultimamente è veramente decollato. Da un certo punto di vista è il successore di Windows, ma più in grande. Questa soluzione non è un vero e proprio sistema operativo, ma una sorta di patchwork di applicazioni che hanno la vocazione di federare tutti i servizi Web". Un progetto a lungo termine durante lo sviluppo del quale l'importante sarà di rimanere "stickiness", cioè incollati all'obiettivo: mai troppo in anticipo, mai in ritardo.
Richard Purcell: l'autodidatta
Personaggio anomalo, poco assimilabile ai vertici, ha un compito poco conosciuto: proteggere la vita privata dei clienti. Il "chief privacy officer" ha proprio questo compito: vegliare sul rispetto della vita privata dei clienti. Con i suoi 52 anni è uno dei più vecchi dirigenti di Redmond, dove lavora da dieci anni. È uno dei pochi a non avere un dottorato da esibire e nemmeno una laurea. Purcell che si è fatto da solo, è un "artigiano" del management. Ha iniziato la sua carriera come semplice commerciante ed è così che ha imparato a conoscere i clienti. Senza alcun problema afferma di non far parte dell'élite, dice di non essere ricco, di vivere modestamente e di allevare i propri tre figli come un qualsiasi piccolo borghese americano. "Penso che sia meglio così - dice - questo mi aiuta a capire meglio la gente".
Il suo credo è semplice: "Negli ultimi 40 anni le aziende hanno fatto quello che hanno voluto con i dati personali dei loro clienti; adesso è finita. Si va verso un modo nel quale è il consumatore a decidere quello che è buono per lui".
Kai-Fu Lee: il ricercatore
Cinese di Taiwan, dove ha vissuto fino all'età di 19 anni, è il responsabile delle "interfacce naturali e interattive", come i sistemi di riconoscimento vocale. Viene dalla ricerca pura e ha lavorato nei settori di punta dell'industria informatica. Ad esempio, faceva parte, in Apple, dello staff che sviluppava il Macintosh III, mai commercializzato. Nei settori di ricerca, a Redmond, i cinesi sono numerosi. "Il motivo - dice con molta diplomazia tipicamente asiatica - non è perché siamo più bravi, ma perché siamo più numerosi nel mondo".
Il riconoscimento vocale è ormai uno degli assi portanti della ricerca in Microsoft e nonostante si tratti di un campo d'intervento recente per l'azienda, secondo Kai-Fu, i progressi sono stati notevoli e attualmente la società è ben posizionata. E anche se non esistono per il momento prodotti commercializzati, la concorrenza può cominciare a preoccuparsi.
Robbie Bach: mister Xbox
Robert J. Bach ha un compito delicatissimo: sviluppare una console per videogiochi che scalzi la Playstation di Sony dalla sua posizione di leader di mercato. Non sarà una passeggiata, ma Robbie è ottimista. "In quattordici mesi - dice con orgoglio - abbiamo fatto di Xbox una realtà. Questa macchina non funziona, è viva".
Senza Robbie Bach, Xbox non avrebbe mai superato lo stadio di prototipo. Grande giocatore, è letteralmente inghiottito dalla sua creatura. Diplomato a Stanford, è entrato in Microsoft nel 1988 e ha scalato pazientemente tutti i gradini che portano alla destra di Bill Gates: "product manager" per l'America; "business operation manager" per l'Europa, responsabile mondiale della suite Office, vice presidente della divisione desk-top. Oggi Bach è il numero quattro dell'organigramma aziendale e ricopre la carica inedita di "CXO", ovvero "chief X-Box officer. È lui il capo delle armate di Redmond che sono partite alla conquista dei 20 miliardi di dollari del mercato mondiale dei videogiochi. A 40 anni Robbie sembra non sentire il peso della responsabilità. Forse lo rassicura l'enorme budget che gli è stato messo a disposizione: 500 milioni di dollari solo per il lancio pubblicitario di
Xbox.
15
ottobre 2001
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